Qualcosa di più del solo patriarcato….

‘Il femminicidio è un omicidio di Stato, per lo Stato non ci tutela perché non ci protegge. Il femminicidio non è un delitto passionale, è un delitto di potere….. “I mostri non sono malati, sono figli sani del patriarcato, della cultura dello stupro. La cultura dello stupro è ciò che legittima ogni comportamento che va a ledere la figura della donna, a partire dalle cose a cui talvolta non viene nemmeno data importanza, ma che di importanza ne hanno eccome, come il controllo, la possessività, il catcalling”.

“Nessun uomo è buono se non scardina questa cultura”

“Ogni uomo viene privilegiato da questa cultura. Viene spesso detto ‘non tutti gli uomini’. Tutti gli uomini no, ma sono sempre uomini. Nessun uomo è buono se non fa nulla per smantellare la società che li privilegia tanto. È responsabilità degli uomini in questa società patriarcale dato il loro privilegio e il loro potere, educare e richiamare amici e colleghi non appena sentono il minimo accenno di violenza sessista”. Elena Cecchettin

L’ondata mediatica che ha fatto seguito al femminicidio della giovanissima Giulia, lo scorso novembre, può, forse, forzare un po’ la cappa di indifferenza che ci ha accompagnato in questi anni di femminicidi e figlicidi, sempre più gravi, sempre più feroci, sempre più frequenti.

Le notizie di queste tragedie sopravvivono non più di due giornate nei telegiornali.

Sono rimaste più a lungo sull’onda della notizia l’uccisione di Giulia Tramontano, trucidata insieme al bambino che portava in grembo e quella di Giulia Cecchettin forse per la giovanissima età, per l’orrore della uccisione di un bambino che doveva nascere, oltre che per l’esplosione di sdegno delle famiglie. Le parole del padre di Giulia Cecchettin, pronunciate al funerale della figlia, trasudano una dignità ed una profondità che esigono rispetto e stima. E così, il suo successivo impegno fino alla fondazione della associazione nel nome della figlia.

Parallelamente, sull’onda dell’emozione e dell’indignazione, fioriscono le incitazioni alla denuncia. Ma ha riflettuto chi spinge a denunciare, pubblicità ministeriali comprese, a cosa va incontro una donna che denuncia? Quale percorso le si apra davanti? E se ha figli? Quale è il probabile destino di quei bambini? Ebbene, la American Academy of Pediatrics consiglia di non suggerire comportamenti, di non provare a convincere la donna a fare l’una o l’altra cosa. 

Il perché è chiaro ed è rappresentato dagli evidenti rischi che incombono sulla donna e sui suoi figli, in questo mondo dominato da un maschilismo imperante e rinvigorito dall’espandersi a macchia d’olio della sciagurata menzogna della alienazione parentale che continua a sopravvivere nonostante le mille condanne della Cassazione e l’assoluta, ed ormai datata, smentita della Scienza ufficiale.  

La verità è che la donna che denuncia entra in un baratro pericolosissimo nel quale è assolutamente sola e nel quale viene pericolosamente attaccata persino dalle Istituzioni. Al massimo ha alle spalle i centri antiviolenza che ben poco possono, però, nei tribunali.

Al momento della denuncia quella donna si attira immediatamente le ulteriori ire del marito, della famiglia di lui, di parenti ed amici ma, soprattutto, si attira le ire dei tribunali che, per antico pregiudizio, non le credono e tendono a considerare ‘false’ le sue denunce, partendo dall’assioma che ritiene l’uomo, tautologicamente, un buon ‘pater familias’. Se alla denuncia segue una indagine, spesso molto lenta e quasi sempre indirizzata verso una archiviazione, la signora sarà nel frattempo esposta, insieme ai suoi figli, alle ire del marito, mentre i bambini dovranno sottostare, fino alla costrizione, a visite che, generalmente e comprensibilmente, non vogliono fare.

Parallelamente, mentre va avanti il processo penale, sul piano civile saranno prese decisioni per l’affidamento dei figli che, nella quasi totalità dei casi sarà ‘condiviso’ perché penale e civile non si parlano tra loro e perché la moderna psicologia, tutto fuorché scienza, ritiene che, se un bambino non frequenta il padre incapperà in un ‘rischio evolutivo’ mai chiarito, mentre quello costretto a frequentare un uomo violento pare che non corra rischio alcuno. Le donne verranno, quindi, coinvolte in una metodica di affido dei bambini che le esporrà continuamente all’uomo maltrattante, ai suoi dispetti, alle sue violenze, alle sue cattiverie. Strumento i figli stessi!

Che le statistiche scientifiche riportino che nel 40-60% dei casi un uomo che maltratta la moglie, maltratterà anche i figli, è un dato scientifico non recepito dai magistrati. Inoltre, nonostante congressi, convegni, occasioni di aggiornamento, per i magistrati l’impatto che il contatto con un uomo violento avrà sulla psiche e sull’emotività dei bambini non appare importante. Così, il ‘rischio evolutivo’, mai specificato né definito, connesso teoricamente alla lontananza dal padre, rimbomba nei tribunali mentre, il chiaro, provato ed enorme danno alla crescita indotto dal vivere in un ambiente violento, non è di interesse per nessuno, nonostante gli evidenti dati scientifici, oramai datati.

Un affido condiviso può essere uno strumento di tortura, quotidiana, continua, violenta, implacabile.  Un affido condiviso è una mitragliatrice innescata in mano ai violenti.

E quando mai i magistrati sono andati a vedere il destino, l’evoluzione degli affidi condivisi da loro decisi? Una ‘revisione di risultato? Qualche dato….? Mai!!! Almeno a mia conoscenza. L’affido condiviso è ovviamente la migliore forma di affidamento dei figli, in situazioni normali anche difficili ma equilibrate, mentre diventa una fonte di gravi guai, intimidazioni, minacce, ricatti in situazioni di violenza domestica.

Un uomo violento non è mai un buon padre e l’affido deve essergli sempre negato, senza ombra di dubbio, per mettere in sicurezza madre e figli e garantire ai bambini un briciolo di equilibrio e di pace per una crescita il più armonica possibile. Ma questo non è recepito dai Tribunali.

E se il bambino si ribella? Se non vuole andare dal padre, se non vuole vederlo. I guai diventano ancora maggiori. Qui entrano in gioco i soliti consulenti dei tribunali, laureati al mercato del pesce, che decidono, sui dettami del pregiudizio della alienazione parentale, che la colpa del rifiuto della figura paterna è della madre e, conseguentemente, il bambino da questa va allontanata. Quanti bambini, in Italia, hanno subito questo destino? Una infinità! Sono bambini che vengono prelevati forzatamente, spesso con polizia e carabinieri, consegnati al padre violento oppure reclusi in comunità. Comunità nella quali non vogliono stare. Comunità nelle quali vengono privati di tutto, sulla scorta di ordini di sedicenti psicologi o medici che la psicologia dell’infanzia l’hanno studiata su Topolino. Privati della mamma, della famiglia materna, dei fratelli, della scuola, delle maestre, del prete, degli scout, degli amici, dello sport, dell’ambiente sociale, di tutto ciò che faceva parte della loro vita ‘di prima’. Perché devono venire ‘resettati’ secondo una fanatica terminologia.

Fatto sta che il bambino diventa un vero e proprio recluso. Non avrà cellulare, né contatti con l’esterno, potrà solo vedere la madre nei modi e nei tempi che gli stessi fanatici decideranno, se gli sarà concesso di vederla. Un trauma infinito ed irreversibile! Seguirà la definitiva custodia al padre, spesso con incontri protetti con la mamma e la famiglia materna o addirittura interrotti.

Perché, secondo i fanatici della alienazione parentale, mentre interrompere il rapporto col padre crea ‘un rischio evolutivo’ tanto importante che capovolgere totalmente la vita del bambino risulta in un danno minore, interrompere il contatto madre/figlio non crea danni, anzi, fa bene alla crescita.

Non si pensi che sia una situazione rara. È molto più frequente di quello che si possa credere.

Eppure, la deprivazione della madre è il fattore di rischio più importante per la psicosi maniaco-depressiva da adulto, per esempio, ma questo i fanatici non l’hanno studiato o non lo vogliono citare, mentre i magistrati ne sono all’oscuro. Giulia Tramontano, per esempio, non avrebbe potuto allontanare suo figlio da quel delinquente del padre, se fosse sopravvissuta allo sterminio. Nei tribunali è normale questa evoluzione nelle storie di separazione da un uomo violento: archiviazione delle denunce, affidamento congiunto, separazione dalla madre, prelievo coatto, ricovero in comunità, custodia al padre.

Vogliamo poi parlare dei costi?  Una battaglia legale così può costare centinaia di migliaia di euro. Le donne vendono la propria casa per riuscire a pagare avvocati, tribunali, consulenti, comunità infantili. La Violenza istituzionale, come quella in famiglia, si esplica anche attraverso la violenza economica, per indurre al silenzio. Cosa sono le condanne alle spese legali cui vengono sottoposte le donne dai Tribunali se non ‘intimidazioni’ da parte dello Stato stesso?

Se continui così e non ti zittisci, ti porto via tutto, ti riduco sul lastrico!!! Il Tribunale ordina il silenzio delle donne!!!

Questa la fotografia della situazione attuale.

Affinché le cose vadano diversamente ed una donna trovi tutela, soddisfazione e protezione dalla violenza, ci vuole una buona dose di fortuna con magistrati illuminati, senza pregiudizi, preparati, capaci di quell’apertura mentale che dovrebbe essere essenziale nel curriculum, nella cognizione di un magistrato che voglia, davvero, amministrare la Giustizia.

Perché le leggi ci sono! Mancano gli uomini e le donne che l’abbiano compresa e sappiano o vogliano applicarla.

E così, alle parole di grande ispirazione, profondità, comprensione pronunciate dal padre al funerale della povera e piccola Giulia, va aggiunto, secondo me, che abbiamo bisogno di Magistrati competenti, preparati nel campo della violenza domestica, nel campo della puericultura, della psicologia dell’infanzia, liberi loro stessi da pregiudizi, capaci di scegliersi consulenti adeguati, preparati, aggiornati, capaci di distinguere tra dati scientifici e favole metropolitane. Capaci tutti di guardare lontano, di ispirarsi veramente ed equamente ai principi costituzionali, con le menti sgombre dai principi melmosi del più bieco patriarcato nel quale le donne sono oggetti ed i bambini sono proprietà del capofamiglia, fino allo ‘vitae necisque potestas’, o diritto di vita e di morte, degli antichi romani.  

Perché questo abbiamo lasciato in mano a questi delinquenti, il diritto di vita e di morte sulle compagne e sui figli!!!

Questo ci è sfuggito, alla faccia delle conquiste dell’ordinamento, questo i magistrati hanno permesso che fosse mantenuto, questo gli uomini violenti hanno profondamente dentro di sé e questo condiziona tutto: la convinzione di poter decidere della vita e della morte della propria compagna e dei propri figli senza conseguenza alcuna, la certezza del potere, la convinzione dell’essere protetti in Tribunale, la prepotenza della presunzione di uscirne impuniti perché, di fatto, ‘tollerati’ dalla Legge, ‘compresi’ con una accondiscendenza inammissibile nelle aule di Giustizia, la consapevolezza che, comunque, ‘è colpa sua’, ‘se lo è voluto’, ‘qualcosa avrà fatto’! Ancora e sempre, di fatto, il pater familias titolare del diritto ‘di vita o di morte’ su moglie e figli del Sacro Romano Impero, adesso attuale, presente e velenoso… come allora!

Ma questo non basta. Non è una questione unicamente dell’antico patriarcato, che non è stato affatto ‘abolito nel 1975 dal nuovo diritto di famiglia’, come è stato detto.

Vi è qualcosa di nuovo, di molto attuale che va oltre il fenomeno del patriarcato: la convinzione che la donna sia ‘maligna’, ‘malevola’, ‘ipocrita’, che la ‘maternità’ sia un fenomeno relativo, non così importante, non particolare. I bambini possono essere cresciuti da tutti. Che volete che sia una madre!

Posizione ideologica fortemente supportata dai teorici della Alienazione parentale, la madre simbiotica, ipertutelante, etc…. Fatto sta che le madri non servono più!

E allora i bambini si portano via, si rapiscono, si scardinano dal loro ambiente, si ‘regalano’ a padri, nuove compagne, baby sitter, nonne, case famiglia come pacchi postali perché tanto ‘idioti morali’ da non possedere un mondo emotivo, affettivo, interno da tutelare. Tanto crescono ….!!!! E si fa pure finta di agire per il loro ‘supremo interesse’!

Ebbene il danno creato a queste creature è incommensurabile e destinato a impregnare tutta la loro vita di adulti, fino a trasmettersi ai loro figli attraverso fenomeni di epigenetica!!!

Questo dice la Scienza!!! Ma questo non interessa ai Tribunali, dove non si citano articoli scientifici pubblicati nei migliori motori di ricerca dell’intero mondo. No! Si ascoltano ciarlatani e si leggono centinaia di pagine di consulenze che trattano del niente, ispirate ad ideologie patriarcali che puzzano di muffa e di tanta, tanta perversione.