Relazione tenutasi al Convegno del 23 novembre2012 a Napoli “Adultocentrismo, separazioni conflittuali e nuove forme di violenza su donne e bambini. La terapia della minaccia ed il collocamento coatto nel cd case-famiglia”.
Nonostante i miei 22 anni di pediatria la prima volta che ho sentito nominare la PAS è stato circa un anno e mezzo fa. Mai sentita questa parola prima. Possibile che non sapessi neanche dell’esistenza di una “grave psicopatologia” di cui soffrono “fino al 90% delle donne divorziate” e che affligge circa “il 30% dei bambini italiani” per di più a “prognosi infausta”?
Dopo lo smarrimento iniziale….la curiosità mi ha portato a studiare. Ed ecco qua: non esiste in alcun libro di medicina, pediatria, neuropsichiatria, psichiatria. Non è stata oggetto di studi, non è riportata su pub med se non per brevi articoli la maggior parte dei quali critici. Niente! Solo su google una massa infinita di argomentazioni, mal discusse, senza alcuna prova scientifica. E si parla di scienza! Inoltre, sconosciuta dalla più grande Società Scientifica implicata nella cura dei bambini, la Società Italiana di Pediatria. 14000 pediatri non ne sanno niente, di un tale disturbo comportamentale così grave! I professionisti più vicini ai bambini italiani, oltre agli insegnanti: tutti ignoranti!!!
L’assurdità di tale fantasia non ha uguali in Medicina. Ma il problema maggiore è la sua pericolosità: con la minaccia di interrompere i rapporti madre/figli, impedisce ai bambini ed alle loro mamme di collaborare con la Giustizia, di parlare, di denunciare, di chiedere aiuto! non si denuncia più, si tace, si ritirano le querele. Si imbavagliano le donne e si blocca il cammino della Giustizia. Essa gioca a favore di chi si comporta male, dei violentatori, dei pedofili, dei maltrattanti, dei negligenti, di chi non cura i propri figli, di chi fa del male alla propria ex-moglie. Di chi considera moglie e figli, un proprio patrimonio, con cui giocare se ci va, da gettare quando non va più. Senza alcuna responsabilità. Priva di qualunque base scientifica, solo scienza spazzatura, è oramai purtroppo entrata nella mente di psicologi e magistrati, assistenti sociali, anche qualche medico. Tutti, guarda caso, implicati a vario titolo nelle complesse cause di separazione e divorzio, o di custodia dei bambini. Evidentemente, questa “finta malattia”, deve avere un significato nelle aule di tribunale. Studia, studia e ascolta…. i significati vengono fuori.
Basata esclusivamente su pregiudizi contro le donne ed i bambini e mancanza totale di rispetto verso entrambi, i loro diritti, la loro affettività, la loro umanità. Strumento di violenza di genere e verso l’infanzia senza uguali. La scienza è scienza, si discute ma non si inventa. La PAS ed i suoi correlati sono l’unico caso, a mia conoscenza, nel mondo della medicina delle evidenze, di finta malattia che ha usurpato un ruolo che non le spetta e che resiste nonostante sia stata demolita dalla società scientifiche più prestigiose, dagli studiosi più esperti del mondo. Nonostante non abbia nulla a suo supporto, solo chiacchiere.
La sua idiozia non ha eguali.
Si tratta di una condizione fantasiosa nella quale una madre tanto malevola, sviluppa una psicopatologia esclusivamente nella sfera della genitorialità, maltrattando il figlio tanto da praticargli un “lavaggio del cervello” per fargli odiare il padre, sempre amorevole e privo di colpe. Il bambino non è semplice oggetto ma è complice della madre, in modo perverso.
La malattia della madre si diagnostica guardando il figlio. E la terapia del figlio si basa sui sintomi presentati dalla madre.
La terapia è pura coercizione, attraverso la minaccia del Giudice di incarcerazioni, di privare della casa, dei beni, della custodia dei figli, persino di qualunque contatto con loro, per darli al padre. Non importa esaminare il padre, ed i suoi comportamenti: i bambini non vogliono vedere il padre? Beh! È inconcepibile. Ci deve essere una madre che pratica loro il lavaggio del cervello. Le mamme sono cattive, si sa! Tutte streghe, malevole e maligne.
Tutto ciò mentre noi negli ospedali ci battiamo per il rapporto madre/bambino, predichiamo il family-centered-care. Mentre noi combattiamo la violenza ai bambini ed ai ragazzi, le punizioni corporali, la violenza psicologica, mentre noi insegniamo il rispetto delle radici, dei nonni, dei paesi di origini, mentre noi lottiamo contro il dolore. Mentre noi teniamo in grande considerazione il legame così peculiare madre/bambino, senza nulla togliere ai padri, ma semplicemente considerandoli per quello che essi sono, i padri, non le madri e viceversa. E per noi intendo i Pediatri.
Ho avuto l’onore di essere nominata nella Commissione ministeriale “Salute della donna” che si prefiggeva, appunto, di valutare lo stato di salute delle donne italiane comprendendone l’enorme valore sociale ed anche economico, visto tutto quello che esse fanno per la società e la famiglia nel suo complesso. Non vi è dubbio che grande rispetto alla donna viene dato sia dalla medicina pediatrica che dal Governo che almeno allora ne riconosceva la valenza sociale.Tutto ciò mentre, invece, nel sociale si compiva uno dei più orrendi crimini della storia dell’umanità, lo strappar via bambini a madri più che adatte a fare le madri, in nome di un qualcosa che non esiste e che fa bene solo ai professionisti implicati in queste vetuste ed infinite cause di separazione. Mentre prendevano campo teorie che non vedono riconosciuto il più antico, basilare, fondamentale legame che risale alla notte dei tempi: quello madre/bambino, essenziale per tutti i mammiferi, ma che trova la sua collocazione più alta e profonda nel cucciolo d’uomo.
Ed ho scoperto questa situazione quasi schizofrenica: a) da una parte gli ospedali, la pediatria, la scuola, il governo a favore e sostegno del rapporto madre/bambino; b) dall’alra i tribunali con uno stuolo di psicologi, avvocati, magistrati, assistenti sociali che invocano diagnosi inesistenti per compiere, su questo nome, quello che per me è il crimine peggiore: separare un bambino da sua madre.
Intollerabile!
Non esiste la PAS, non esiste il disturbo relazionale, non esiste alcun quadro patologico da adulto correlato al fatto di non aver frequentato costantemente due genitori (e gli orfani allora, i figli di single?), non esiste il “lavaggio del cervello”.
Esistono difficoltà di contatto, nel divorzio come nel matrimonio. Non necessariamente patologiche. Per mille motivi un bambino può non voler vedere il padre, molti anche assolutamente fisiologici, nel divorzio come nella separazione e come in costanza di matrimonio, anche se in questo caso rimane all’interno delle mura domestiche. A volte è la paura che guida la scelta del bambino, e questa va rispettata e decifrata. Troppo spesso, infatti, il bambino ha ragione. È un bambino violentato o che ha assistito a violenza o ad atteggiamenti non adeguati.
Lo strappare un bambino da sua madre è una scelta tragica, un danno enorme, per quel bambino, per quella madre, per tutta la famiglia, per l’intera società. I risultati disastrosi saranno evidenti tra 20 anni. Ed i danni procurati vanno risarciti. L’ipotesi di risarcimento è la medesima delle altre per errata diagnosi e terapia, rientrando a pieno titolo nella responsabilità professionale medica e dello psicologo, visto che anch’egli opera nel campo della salute. Va risarcito il:
- danno biologico per accertare lesioni, malattie e condizioni realizzatesi nella madre e/o nel figlio a seguito dell’allontanamento coercitivo e nell’ipotesi di allontanamento violento (post traumatic stress syndrome, sindrome ansiosa depressiva, malattie psicosomatiche, lesioni traumatiche etc.);
- danno morale relativo alla sofferenza interiore soggettiva della madre e del figlio e dei congiunti, in seguito all’allontanamento forzato, ed alla distruzione della famiglia;
- danno esistenziale o alla vita di relazione derivante dall’impatto dell’allontanamento forzato sulla vita di relazione dei soggetti coinvolti. E’ evidente infatti che tale situazione incide negativamente sulla futura relazione madre /figlio, come espressamente riportato in talune CTU/CTP (è infatti questo il fine dell’allontanamento: staccare il bambino dalla madre, “resettarlo”, “fargli dimenticare”) ma alterare la futura relazione del bambino nella società, una volta divenuto adulto, distruggendo in modo drammatico la sua fiducia nelle istituzioni, negli adulti in generale, nelle figure professionali coinvolte nell’allontanamento, polizia, magistratura, alterando, quindi, la sua capacità di essere un buon cittadino.