Ci sono donne che devono lottare tutta la vita per difendere i propri figli e questo è naturale e ce lo aspettiamo. Perché le madri lo fanno da sempre. E che una madre dia anche la vita ad un figlio è comportamento atteso dalla società, dai magistrati, da tutti, ma non riconosciuto! Nei tribunali non vi è differenza tra mamma e babbo. Anzi, differenza vi è proprio in questo: nel fatto che ad una madre è chiesto ogni sacrificio senza garanzia di diritti, ai padri no! Ma non voglio parlare di questo, non ora. Ora voglio riflettere sul fatto che passare una vita nel dolore e nella lotta, un anno dopo l’altro di guerre, contrasti, difficoltà, incomprensioni, paure non è né bello né facile. Anzi è l’antitesi della vita, che dovrebbe essere piacevole e serena. E se questa guerra è dovuta a fatti della vita, ostili ma naturali perché parte di questa, come ad esempio la malattia, ce ne possiamo fare anche una ragione. Pur nella disperazione, è capitato. Non si può fare niente. Non è colpa di nessuno. Ma quando c’è qualcuno che si organizza, studia, pianifica di rovinare la vita a dei bambini diventa molto difficile accettare ed elaborare. Qualcuno ci deve spiegare perché il bambino di Cittadella è finito in prigione, perché la sua mamma doveva essere così martirizzata, perché deve continuare a naufragare nel mare di tribunali, memorie, avvocati, udienze, sentenze. Qualcuno ci deve spiegare perché, per il medesimo motivo, i due bambini di Battipaglia devono vivere segregati, lontani dalla famiglia e dagli affetti. E per un anno. Ripristinano la potestà alla madre che però rimane “sospesa”(?) e che vuol dire? E loro rimangono sequestrati in un istituto. Perché? Che c’è in istituto? Fanno fisioterapia? Ginnastica? Che ci fanno? Le suore devono occuparsi dei bambini che non hanno i genitori, magari trovandogliene di nuovi, non di quelli che ce li hanno. Ed i nonni? Anche loro non vanno bene? Quale è la dinamica mentale che può portare ad una conclusione del genere. Non basta essersi sbagliati ed avere accettato che tra le carte di un Tribunale del nostro Paese, di un nostro Tribunale, perché sono Nostri, dei cittadini ci fossero pagine e pagine di motivazioni fondate su una parola PAS/PAD/PA come la chiamano, “parola” che non esiste, creata ad arte per difendere padri pedofili e abusanti? Se la PAS l’ho studiata e compresa io, non potevano prima di me, di noi, studiarla i magistrati e non farsi così prendere in giro? Poi c’è una bambina di 18 mesi strappata via alla madre, Ginevra, che non merita neanche di vederla o di sapere se è viva, morta, di avere alcun rapporto con lei. Affidata al padre all’età di 18 mesi. Sono due anni, ormai, che la madre combatte almeno per vederla.
E la storia di Federico? Splendido bambino ucciso a coltellate dal padre durante gli “incontri protetti”! Bambino che da anni diceva di non volerlo vedere e che aveva paura; con una mamma che lo difendeva disperata. Incontri tanto protetti da permettere ad un malato di mente di entrare con coltello e pistola e di uccidere una creatura così fragile che aveva il diritto di essere difesa. Malato di mente la cui pericolosità evidentemente non erano neanche riusciti a sospettare? Perché le diagnosi invece di basarsi sui fatti e comportamenti, si basano sulle fantasie di psicologi che non sanno cosa è la scienza.
http://www.federiconelcuore.com/storia–di-federico/chi-era-federico.html
La storia di Federico è passata sotto silenzio. Ben poco ne hanno parlato. Neanche il diritto ad essere ascoltato da morto! Nè da vivo, nè da morto!
Se una madre non vuol mandare i figli col padre in genere c’è sotto la paura, la paura che è un “sintomo” importante, serve alla sopravvivenza dell’individuo e della specie!
Prima di pensare che la madre sia “malevola”, “inadeguata”, “rancorosa”, non sarebbe meglio provare a pensare che possa “sentire” il pericolo?
Vi ricordate i fratellini Brigida uccisi col gas in macchina dal padre. 3 creature difese a spada tratta dalla madre che diceva a tutti che il padre li avrebbe ammazzati! Anche quei bambini “costretti” agli incontri col padre. Quell’uomo, perché la parola padre è troppo bella per essere usata così male, per molto tempo prese in giro persino i magistrati senza dire dove aveva sepolto i tre bambini.
Tanto tempo è passato e neanche un passo avanti. Sempre tutti invischiati nel medesimo medioevo fatto di pregiudizi, di negazione di diritti, di violenze. Un padre che si meriti di essere appellato padre non toglie la mamma ai suoi bambini, né toglie loro i loro affetti, la libertà, la vita! Il primo dovere dei tribunali è difendere i bambini, preservarne la vita, la salute, lo sviluppo, l’equilibrio. Non vi è motivo alcuno per levare un bambino alla sua mamma, eccetto l’imminente pericolo di vita o di abuso. E le mamme ben raramente sono maltrattanti o addirittura omicide. Né vi è motivo alcuno per obbligare un bambino a vedere un padre che non vuole vedere, non vi è alcun dato scientifico a sostegno di tale posizione. Nessuno ha mai dimostrato che i contatti con entrambi i genitori siano essenziali in ogni epoca della vita. E se la mamma non è “adeguata” la si aiuta a diventarlo, non le si strappa il bambino. Non c’è alternativa alle cure di una mamma. Non c’è sostituto.
L’unico vero motivo per levare un bambino a sua madre è che una madre ed un bambino che accusano un padre di violenza e che rifiutano i rapporti con lui, sferrano un colpo profondo all’antico, medioevale, desueto narcisismo maschile per il quale moglie e figlio “appartengono” a lui e devono portare rispetto! O suoi o di nessun altro! E di qui PAS, sequestri e separazioni, sospensioni di potestà… persino figlicidi e feminicidi. E questa è mentalità talmente ancora diffusa da “infestare” persino i nostri Tribunali, impastati di pregiudizi e di una melassa di incongruità che mette in serio pericolo persino la vita dei nostri bambini!