Ed adesso parliamo di Antonio, nome fittizio reale, non importa!
Di Antonio, di quel ragazzino, pare, portato via qualche giorno fa da 20 poliziotti che hanno sequestrato un’intera scuola fino al pomeriggio, fino a portarlo via, immagino esausto, alle 17.00 su due volanti partite a sirene spiegate per condurlo, di nuovo …. là dove Antonio non voleva andare: in questo moderno sistema di reclusione infantile che sono le Case Famiglia.
Di nuovo…. perché mi ricorda il bambino di Cittadella, i bambini di Battipaglia, la bambine italo-australiane e le lacrime di una bambina che al telefono urlava alla mamma di portarla via dalla casa famiglia.
Non so dove è adesso Antonio, se è tornato a casa o chissà dove è stato mandato.
I familiari dicono che li bambino sta male, che piange sempre, che era impaurito. Dicono che aveva chiaramente detto ai Giudici che non voleva vedere il padre e perché!
Di nuovo, il movente è questo: a fronte ad un oltraggio al maschilismo patriarcale il cui orgoglio non deve essere macchiato, il bambino viene punito con la peggiore delle punizioni, il distacco da coloro che gli vogliono bene, per l’appunto la madre, la famiglia, la scuola, la squadra di calcio, la reclusione e, immagino, l’obbligo di terapia!
Possibile??? Possibile nel nostro Paese, culla (falsa) della maternità? Possibile nel III millennio???
Non me ne capacito! Ed allora domando ai professionisti che certamente hanno popolato la dinamica di questa storia ed hanno la responsabilità della decisione: dove hanno studiato, su quali libri, quali ricerche? Quali studi sono alla base di tale scelta educativa??? Quale il presupposto pedagogico?
Ho studiato tutta la vita pediatria, puericultura, psicologia infantile…eppure non saprei dare alcuna referenza di un singolo lavoro scientifico a supporto di una tale scelta che condizionerà e per sempre, la vita del bambino, le sue relazioni con gli altri, gli adulti, la famiglia, la scuola, i colleghi, le istituzioni, la polizia, i magistrati, i Tribunali. Tutto, anche il suo essere futuro padre e futuro marito!
Su questo almeno dovremmo essere d’accordo, un tale spiegamento di forze esprime l’importanza che passare ai fatti aveva per chi ha preso questa decisione. Siamo quindi tutti consapevoli che la scelta era molto importante per la vita di questo bambino, i suoi rapporti sociali ed anche la sua salute fisica!
Quello che vorrei discutere è altro. Vorrei riflettere sui modi e sui contenuti ed avere per risposta quei riferimenti scientifici che una scelta tanto potente deve avere e che, ahimè, non trovo nel mio background culturale.
- I MODI – pare che un poliziotto abbia detto “non avremmo mai usato la forza!” Questa è veramente una battuta! Cosa è uno spiegamento di forze di tale fatta con macchine, sirene e poliziotti se non forza? Non a caso la polizia si chiama “forza pubblica”. Di fatto è stata usata la forza pubblica ed in forze, contro un bambino. Di nuovo come terreno per il fatto è stata usata una scuola pubblica che dovrebbe essere, invece, “zona extraterritoriale“! Il posto al mondo più sicuro dopo la casa familiare, anzi più sicuro di questa. Un posto talmente neutrale dove un ragazzino può sentirsi libero, tranquillo, sicuro, senza alcun timore. Dove possa andare sereno senza la paura di non tornare a casa, o a quella che LUI considera casa. Pieno di adulti protettivi e preparati a proteggerlo. Un posto dove i genitori non devono temere di mandare i figli. Sicuri che, come li lasciano, li ritrovano, anzi meglio! Lavati e stirati!
L’aver usato la forza pubblica in una scuola pubblica non per difendere i ragazzi ma per portare via un bambino che tutti hanno visto non volere essere portato via ha un effetto potenziale pericolosissimo su tutti: il bambino, i professori, i custodi, gli altri bambini! Siamo sicuri sia possibile mantenere la fiducia nella forza pubblica, nei Tribunali, nei Magistrati? E non basta a giustificare l’evento dire che si aveva il “dovere di attuare un provvedimento del Giudice” perché anche il lavoro del Giudice va sottoposto a verifica come tutti i lavori del mondo. Il prodotto del lavoro del Giudice, scritto nel provvedimento, ancora di più deve essere in linea con l’ordinamento del nostro Paese, primo tra tutti la Costituzione. E, purtroppo, ci sono persone come la sottoscritta che credono che provvedimenti coercitivi e violenti verso bambini siano contrari ai principi costituzionali più alti che sanciscono il diritto alla libertà, alla autonomia, alla tutela degli affetti, alla dignità della persona umana.
E quindi se un provvedimento è lesivo della dignità della persona umana, della sua libertà e della sua autonomia non vi è altro che la disobbedienza civile. D’altra parte se, quando furono enunciate le leggi razziali non ci fossero stati i trasgressori tanti bambini ebrei sarebbero stati deportati.
Consideratemi quindi disobbediente, io sarei stata con Antonio, sono con Antonio! Io non ce l’avrei mai fatta ad eseguire quel provvedimento. Fortuna che non sono poliziotta o assistente sociale.
Un bambino, non è “piccolo” nella dignità, è una persona umana a tutti gli effetti e gode degli stessi diritti degli adulti, ma, in più ad essi, ha il diritto ad essere tutelato, curato e protetto! Mi verrà risposto quindi: è proprio per tutelare il bambino che si è agito così. E’ stato fatto per il suo bene!
Appunto, mi si mostrino le ricerche scientifiche e quant’altro serve a supportare una tale decisione! E per cortesia non mi si risponda “E’ nel supremo interesse del minore“! Devo altrimenti ricordare che il concetto astratto di “supremo interesse del minore” è stato coniato dal regime nazista per portare via i bambini alle famiglie degli ebrei e dei tedeschi dissidenti. Da allora viene usato ampiamente nei Tribunali. Suona bene ed il principio astratto è giusto, ma, di fatto, inneggiando al “supremo interesse” gli adulti sono intitolati a fare tutto quello che LORO ritengono essere il “supremo interesse”.
Quindi, gentilmente, siccome non mi accontento e sono curiosa, qualcuno mi dice su quali libri si può studiare che sia nel supremo interesse di Antonio e di tutti i bambini coinvolti e che non scorderanno mai la scena essere privato della libertà, costretto a vedere persone che non vuole vedere, separato dagli affetti, dalla scuola, dallo sport, dalla casa attraverso un attacco della forza pubblica perpetrato in una scuola pubblica? E mi dite anche dove è scritto che un atto di tale violenza non sia violenza?
E mi dite dove è scritto che i bambini, Antonio e gli altri, non ne avranno un danno reale e potente per tutta la vita? Ed infine, mi date per favore i riferimenti bibliografici che sostengono una buona prognosi per la relazione padre/bambino?
Se io non sono aggiornata sono disposta a studiare di più!
- I CONTENUTI. Sappiamo che Antonio non vuole vedere il padre. Non ne conosco i motivi ma li immagino. E qui ci sono molte opinioni. Io ho la mia, dopo 30 anni di lavoro coi bambini.
Come tutte le persone anche i bambini, nei momenti di stress e tensione, come un divorzio, passano momenti di confusione e possono non voler vedere un genitore per svariati motivi, anche banali, che non sto qui ad elencare. Poi le cose si assestano, il tempo passa, si trova un nuovo equilibrio e, se non sono stati attaccati frontalmente anche i bambini si assestano ed i rapporti, questa volta nuovi, riprendono e si stabilizzano. Un padre ed una madre sono troppo importanti e, quando una relazione sana è stata intessuta, per anni, non esiste proprio di dimenticarsi quel padre o quella madre. Non ci sarà manipolazione alcuna che possa distruggere una relazione padre/figlio o madre/figlio sane, vere, reali, tanto meno un provvedimento di un Giudice.
Quando invece il rifiuto si protrae, forte e drammatico e si stabilizza, c’è qualcosa che non va e che gli adulti avrebbero il dovere di capire. Purtroppo, però, spesso non ne hanno nè la capacità nè la competenza. Spesso sotto c’è la violenza, anche non recepita dagli altri come violenza (e le parole del poliziotto sono esemplificative della confusione che hanno in testa gli adulti), il maltrattamento oppure una vera e propria malattia mentale che inibisce la capacità genitoriale.
In questi casi di rifiuto ostinato ci vorrebbe una diagnosi o almeno….. “prudenza”.
Prudenza! E grande attenzione ai bambini!
Le relazioni tra le persone, parenti o amici o altro che siano, sono delicate. Non si forzano. E, se sono sane, danno spontaneamente buoni frutti: amore, affetto, rispetto. Influenzabili ma non manipolabili, né nascono o terminano per provvedimento del Giudice.
E adesso? Quand’anche non si tratti, come spero, di un caso di violenza, maltrattamento o malattia mentale quale sarà il destino della relazione di Antonio col padre ? E con le Istituzioni?
Mi sento di esprimere purtroppo la prognosi peggiore. Il bambino è o è stato prigioniero e privato di tutta la sua vita e farà, quindi, esattamente come fanno i prigionieri di guerra o gli internati nei campi, si piegherà al suo dittatore! Ubbidirà!
Ma i bambini hanno un brutto difetto: crescono! E mentre loro diventano belli e forti i genitori invecchiano. C’è da domandarsi se il Giudice abbia pensato a cosa accadrà quando Antonio avrà 18 anni o anche prima. Antonio diventerà grande e forte molto presto, un pezzo di ragazzone. Antonio avrà sperimentato la violenza e la forza ed avrà imparato ad usare quella e che quella vince. Il destino è scritto, si tratta solo di capire quanta sofferenza sarà introiettata. Maggiore la sofferenza, maggiore la risposta violenta che Antonio butterà fuori appena potrà. Questi sono gli studi che conosco io!
Chi vive la violenza impara la violenza e diventa violento.
Se fossi stata io consulente di quel Giudice gli avrei detto che questa decisione oltre a costituire un evento avverso e drammatico dell’infanzia che causerà ad Antonio uno stato di Stress Tossico e quindi un vero e proprio danno biologico permanente, lo esporrà ad un rischio di suicidio 4 volte maggiore della popolazione generale, una volta adulto e ad un rischio maggiore di depressione e di bassa autostima che lo esporrà a sua volta a minori successi accademici e professionali. Gli avrei detto che lo esporrà da adulto a comportamenti a rischio sociale come uso di droghe e abuso di alcool, affiliazione in gang, a danno suo e della comunità. Gli avrei anche detto che lo stress tossico nell’infanzia altera il profilo immunitario, l’equilibrio metabolico ed ormonale, che condiziona una peggiore prognosi per tutte le malattie del sistema cardiovascolare, e potrei ancora andare avanti. Ma sinceramente lo avrei detto anche al padre. Non mi si dica per favore che al padre tutto ciò non sarebbe interessato, se così fosse: che padre è? un bravo genitore a sentire queste cose fa marcia indietro a 100 all’ora.
E naturalmente di tutto ciò ho i riferimenti bibliografici. Non è la sottoscritta che ha questa opinione.
E’ la scienza!
Mi domando se quel Giudice è a conoscenza di questi studi che oramai infiammano la letteratura scientifica?
Ed invece, l’unico riferimento bibliografico per queste violente terapie che mi viene in mente è, al solito, un tale Richard Gardner! Un signore dal curriculum discutibile che si è suicidato in malo modo, attaccato nei Tribunali nei quali neanche aveva più il coraggio di presentarsi.
Tale signore è quello che ha inventato quel drammatico strumento di violenza domestica che è la sindrome di alienazione parentale i cui sostenitori, nonostante la sconfitta subita con la espulsione di tale finta malattia dal DSM V, il manuale ufficiale delle malattie mentali, continuano a proporre le sue drammatiche terapie, intrisi dalla ideologia che ne sta alla base.
Secondo Gardner infatti, la violenza maschile non esiste, l’istinto materno protettivo è un ancestrale e residuo della nostra “animalità” e va combattuto. Come? Portando via un bambino recalcitrante alla madre protettiva con la forza ed impedendogli di incontrarla. Staccandolo da tutto il suo contesto sociale, che generalmente è verso di lui protettivo: scuola, sport, chiesa, nonni, famiglia, amici. Se occorre va sedato ed anche recluso. Inoltre va sottoposto a massicce “psicoterapie” per costringerlo a vedere il genitore che non vuole frequentare, attraverso minacce di ogni tipo “se continui così non vedrai più la mamma!”, “se non fai così lo diciamo al Giudice e lui ti fa portar via dai carabinieri!” “se papà è cattivo non importa, tu lo vedrai lo stesso“! …
Queste sono tutte frasi vere, registrate di nascosto in incontri reali tra bambini e psicologi regolarmente praticanti la professione in Italia.
Ebbene, l’ho detto e lo ripeto, io non sono una giurista ma per me siamo davanti veramente ad un reato grave, quello di violenza privata ed anche a quello di lesioni personali gravissime. Come nella istituzionalizzazione forzata e nell’uso della forza pubblica ravvedo il reato di maltrattamento all’infanzia.
Se così non è, come spero, gentilmente mi mandate la bibliografia vera, seria, scientifica, pubblicata su riviste mediche internazionali, sottoposta ai processi di peer-review, scaturita in Linee guida e protocolli approvati dalla comunità scientifica internazionale a supporto di tali provvedimenti contro i bambini?
Ed in ogni caso, non saranno reati in questo oramai marcio paese, ma sicuramente costituiscono maltrattamento all’infanzia nell’accezione medica del termine che, permettete, è quella più importante perché è quella che mira alla salute dell’adulto e del bambino, bene supremo, anche superiore alla Giustizia.
Grazie.