Sono nata a Firenze, in Borgo Pinti, in pieno centro della città, da due bei ragazzi, mio babbo e mia mamma, entrambi giovani maestri di scuola, senza soldi ed in affitto, ma innamoratissimi e pieni di speranze. Che poi si sono avverate visto che io ed i miei tre fratelli, che sono nati a ruota, abbiamo avuto un’infanzia ed una giovinezza allegre e vivaci, piene di cose belle, di pranzi, chitarre, cantate e feste, feste, feste. Sempre festa, in casa nostra. E chiacchierate, tante, tante, tante. Tanto si parlava in casa nostra. Sempre a tavola a parlare, per ore. Ognuno a raccontare le sue cose. E siamo cresciuti…. con l’amore per l’infanzia e per i giovani, ed il rispetto per i vecchi e la famiglia. Con l’amore per la natura e la montagna e col culto del rispetto della libertà degli altri, dell’autonomia di ognuno e della legalità. Non altro potevano insegnare due maestri, di quelli antichi, che amavano il lavoro come i figli e come la loro vita. Non altro potevano insegnare i figli di due famiglie che tanto hanno dato a questo nostro paese, già nel Risorgimento, ma, più recentemente, nelle due guerre mondiali e nella Resistenza. Non si pensi che sia storia lontana! E’ tutto lì, ad un passo da noi. Poi sono arrivati i figli ed i nipoti, tanti, mai troppi.
La mia prima figlia ha adesso 28 anni ed è splendida, fuori e dentro, indomita, un ‘raggio di sole’ mi ha detto la sua Professoressa del laboratorio di Cambridge. La figlia della mia gioventù. La seconda ha 13 anni, due occhioni azzurri, bella come il sole, profonda come il mare, dolce come una fragolina su un bignè alla crema, che, a 6 anni, nella letterina a Babbo Natale ha chiesto un regalino per ogni componente della famiglia invece che per sè. Buona come il pane. La terza, che però sta nel mezzo, ha 18 anni, è un regalo della vita capitato quasi per caso: una meravigliosa figlia in affidamento, più forte di tutti i Giudici e psicologi che han deciso il suo destino, capace di atti di generosità infiniti, con profondi occhi neri come l’infanzia difficile che ha avuto ma coraggiosi come quelli di un guerriero. Incapace di tradire, fortissimamente fedele. Una splendida bimba che promette di essere una donna forte e serena, e questo è tutto quello che volevo per lei. Questi sono i miei tesori, con l’unico rimpianto di non averne altre tre, di figli, sei, sette, otto….. Insieme al mio lavoro, che ho l’onore di esercitare. Mi sono laureata in medicina a 24 anni, specializzata in pediatria, perfezionata in varie branche della neonatologia. Ho sempre lavorato coi bambini, se si esclude poche esperienze iniziali come ufficiale sanitario, medico di comunità, medico necroscopo (sigh!). Ho frequentato il Meyer e Torregalli, dove poi ho avuto il primo incarico, poi sono entrata a ruolo in Maternità a Careggi, ai tempi in cui mettevamo su la terapia intensiva, con colleghi e infermieri meravigliosi, cui sono unita da rapporti di profonda amicizia. Anni di grande entusiasmo e vivacità, con il banale obiettivo di cambiare il mondo, senza alcuna ipotesi di non farcela. La splendida esperienza del rapporto coi genitori e con la nascita dell’Associazione Piccino Picciò, che raccoglie i genitori dei neonati a rischio, con lo stesso nome del mio primo libro ‘Nato Piccino Picciò‘, figlio dell’entusiasmo di un giovane professionista innamorato del suo lavoro. Un ‘inno alla vita’ mi disse il mio babbo. E poi di nuovo il Meyer e la splendida esperienza, seppur breve, dell’Ospedale di Empoli. Poi la specializzazione in Medicina legale e l’inizio dell’esperienza in campo giurisprudenziale, sia per il capitolo responsabilità professionale che per il diritto di famiglia. Poi l’onore della nomina da parte del Ministro della Salute nella Commissione Salute della donna, per il Percorso Nascita. L’esperienza di anni del Comitato Etico. L’esperienza formativa affascinante del Master di II livello in Bioetica: l’incontro di Medicina, filosofia e diritto, che mi ha portato all’impegno nel campo attualissimo della discussione bioetica. La battaglia per la Carta di Firenze ed i diritti del neonato prematuro e dei suoi genitori è figlia di questo cammino così come il mio secondo libro ‘All’alba della vita. Gli incerti confini delle cure neonatali’. Una riflessione profonda, figlia della maturità e della compassione, parola tanto bella ‘patire con’, per tutti i genitori che ho incontrato scaraventati in eventi e decisioni più grandi di loro. Ed ancora il Master in Psichiatria, psicopatologia forense e criminologia. Che mistero … la mente umana. Che esperienza studiarla, scavare nel profondo. E che tristezza prender coscienza della superficialità con cui si giudica, con cui ci giudicano e della incompetenza con cui si giudicano e si finge di ‘ascoltare’ i bambini ed il loro cosiddetto ‘supremo migliore interesse’. Non sono questi i bambini, signori! sono molto di più. Chi li conosce… li ama e sa che la miglior cosa che un adulto può fare è… fare il minor male possibile! Mi occupo di bambini dal 1990 e addirittura dal 1983 se considero anche gli anni del volontariato in ospedale e della specializzazione. Sempre tra i bambini, soprattutto neonati, e tra i loro genitori, e le loro famiglie. Gente complessa, nessuno nato genitore, tutti che imparano, giorno dopo giorno un mestiere difficilissimo, ma il più importante del mondo che nessuno avrebbe il diritto di giudicare, e che si affina, giorno dopo giorno, in una continua dialettica col proprio figlio, sempre diversa, mai uguale, in una crescita continua. Sempre tra i bambini, in un ambito difficile, le cure intensive neonatali, ma anche in un ambiente pieno di gioia e di profonda emotività, come la sala parto. I miei primi pazienti ora sono ragazzi, e mi telefonano direttamente, per parlare con me, mi scrivono su facebook, e mi danno indiscutibilmente e ragionevolmente del tu, senza problemi. Catapultata dai problemi di coliche e rigurgiti del lattante, di camicini di lino e borotalco ai problemi di amore, di scuola, di difficoltà di relazione e di rapporto col cibo di adolescenti indomiti, testardi, capoccioni, e tanto belli. Che dire di quanto ho imparato dalla vita dei miei pazientini e dalle loro famiglie. Difficile spiegare l’emozione di consegnare un neonato, finalmente sano, ai suoi genitori, del legame indissolubile che si crea tra noi adulti, che abbiamo l’onore di avere in cura quel bene prezioso. Difficile spiegare il rapporto che lega un pediatra a due genitori dopo anni di collaborazione nel tirare su una creatura. E che dire anche delle esperienze di insegnamento, memore dell’esser figlia di una famiglia di insegnanti. La didattica nei corsi di laurea per infermieri, ostetriche, audiologi, nel corso di laurea in psicologia, negli aggiornamenti del personale. Il lavoro coi ragazzi per le loro tesi di laurea. Così impegnati, così emozionati, così orgogliosi. Che fortuna passare tempo coi giovani e che bello interagire con loro, cercando di trasmettere la passione più che i contenuti di un argomento. E che belli i ragazzi, con davanti tutto “ ancora intero“, con tutto “chi lo sa“, con tutti quei “però prof..io penso che...”. Ed infine la ricerca. Questo splendido mondo che disseta la nostra curiosità, la nostra fame di conoscenza, la nostra voglia di studiare. Ricercare, scrivere, ottenere l’approvazione di colleghi nel mondo che leggono e danno il loro ok per la pubblicazione, è un aspetto entusiasmante del mio lavoro, che rende la routine tollerabile ed apre le porte alla soddisfazione dello scienziato, che legittima l’onestà intellettuale, rafforza la libertà di pensiero, la necessità di libertà della scienza, l’indipendenza di giudizio. Dà, inoltre, senso tangibile al superamento delle barriere di razza e costume e ci permette di guardare lontano ad un mondo globale, senza confini e limitazioni. La scienza non ha mai avuto barriere neanche quando non esisteva internet, ma neanche la televisione, gli aerei, i treni. Quando si andava a piedi ed a cavallo. Fin dall’antichità. Da tutte queste esperienze, da questa vita tumultuosa e appassionata, non poteva non nascere una battaglia per i diritti del bambino e del ragazzo, che partendo dagli aspetti sanitari, in special modo per i diritti del neonato prematuro alla autonomia nelle cure o alla presenza dei familiari in ospedale, al controllo del dolore, alle cure palliative…..è finita fuori, sul sociale, ai diritti del bambino in Tribunale, nei casi di affidamento, di separazione dei genitori, nelle adozioni, al diritto del bambino ad essere ascoltato, sentito, rispettato, non sottoposto ad atti coercitivi, neanche per ordine del Tribunale. E l’incontro con Antonella Penati, la mamma di Federico, ucciso barbaramente dal padre nei locali della ASL di San Donato Milanese in un incontro, obbligatorio, non voluto nè dal bambino nè dalla madre, che doveva esser protetto, ma era protetto solo ‘dalla pioggia e dal vento’, non dalle mani di un delinquente assassino. E l’impegno con lei per l’associazione Federico Nel cuore.. in un cammino per difendere i bambini ed i loro genitori protettivi. Cammino che, nonostante tutto il parlare che se ne fa, è ancora lontano da avere una qualche soddisfazione ma che non abbiamo, non ho, alcuna intenzione di abbandonare…. cammino che deve portare all’ascolto, all’amore, all’accoglienza, alla compassione, ed al rispetto per la paura, la titubanza, gli errori, le incertezze altrui, senza giudizi, nè pregiudizi, con amore e gentilezza…..ed anche ‘compassione’, ‘passione con’…. questa bella parola!!!